Il rischio biomeccanico rappresenta una delle principali cause di malattie professionali legate al sistema muscolo-scheletrico. Le attività lavorative che comportano sforzi ripetitivi, movimenti innaturali o il sollevamento di carichi pesanti espongono i lavoratori a rischi significativi, che possono portare a patologie croniche come tendiniti, ernie discali o sindromi del tunnel carpale.
La valutazione del rischio biomeccanico è un obbligo per il datore di lavoro, previsto dal D.Lgs. 81/08. Questo processo non si limita alla mera osservazione delle attività svolte, ma utilizza metodologie scientifiche per quantificare il rischio. Tra le più comuni troviamo:
• Il metodo OCRA (Occupational Repetitive Actions): valuta i rischi legati ai movimenti ripetitivi.
• Il metodo NIOSH: analizza il rischio legato al sollevamento manuale dei carichi.
• Il metodo RULA (Rapid Upper Limb Assessment): identifica i rischi ergonomici legati alla postura.
Una volta individuati i rischi, il datore di lavoro deve adottare misure di prevenzione. Tra queste, rientrano l’ottimizzazione delle postazioni di lavoro, la rotazione delle mansioni per ridurre l’esposizione a compiti ripetitivi e l’introduzione di strumenti ergonomici che riducono lo stress biomeccanico. La formazione dei lavoratori sull’importanza di mantenere posture corrette e sull’uso di tecniche di sollevamento sicure è altrettanto fondamentale.
Infine, un monitoraggio costante permette di valutare l’efficacia delle misure adottate e di intervenire tempestivamente per prevenire l’insorgenza di patologie professionali. Ridurre il rischio biomeccanico non solo tutela la salute dei lavoratori, ma contribuisce anche a migliorare la produttività e a ridurre i costi associati a infortuni e assenze per malattia.